In mezzo alla fertile pianura, poco lontano dalle rive del fiume Serio, eccola Malpaga.

Una sola strada l’attraversa; numerose oggi le porte e le finestre chiuse; il castello, un tempo potente dimora di Bartolomeo Colleoni, domina il piccolo paese; la chiesa con il suo campanile rovinato dal tempo ricorda ai passanti la fede dei suoi abitanti.

Si presenta così al visitatore moderno Malpaga, piccolo borgo della provincia bergamasca.

Di questo borgo antico ci offre una suggestiva descrizione Giovanni Marioni Da Ponte, nel suo “Dizionario odeporico della Provincia Bergamasca”.

Siamo a inizio Ottocento, “Malpaga è un villaggio del distretto di Martinengo e della pretura di Romano. Il suo territorio non è fertile, avendo de’ grandi tratti di fondo ghiaioso e sabbioso, segnatamente lungo il Serio. Nullameno viene coltivato a biade, a gelsi, ed a vigna, comecché tutto in pianura. Ha anche de’ prati, de’ pascoli, de’ boschi. Quattro mille trecento quaranta pertiche bergamasche è il territorio a coltura; e mille ottocento settantasei è quello lasciato a prato e a bosco, oltre lo sterile affatto che resta lungo il fiume. Il famosissimo capitan generale Bartolomeo Colleoni acquistò dalla Veneta Repubblica a titolo oneroso il castello di Malpaga colle sue pertinenze, esenzioni e giurisdizioni coll’istrumento 29 aprile 1456; e ne dispose col testamento 27 settembre 1475 a favor de’ figli maschi di Ursina sua figliuola maritata col conte Gaspare Martinengo. Anche Malpaga sotto il Veneto Governo ha sempre ritenuto il titolo di contea”.

Malpaga ha da sempre legato il suo nome e la sua fortuna al condottiero Bartolomeo Colleoni, una delle più importanti figure del Quattrocento italiano.

Malpaga ha visto nel corso dell’Ottocento e del Novecento crescere una popolazione a prevalente condizione contadina, quella brulicante di vita del vecchio Foddet, della vecchia Fabbrica e delle vecchie cascine, che si trovavano la sera o nei dì di festa nella piazza: famiglie ricche di prole, votata ad una vita di fatica, sostenute da una motivata fiducia nella divina Provvidenza.

Le giornate, scandite dal suono delle campane, iniziavano alle prime luci dell’alba, con un viavai di uomini e donne diretti verso le stalle, e un avvicendarsi di carri e carretti diretti verso i campi; i bambini che giocavano sulla via o nel campo a tamburello, gioco ancora oggi attivo. Al tramonto tutti attorno ad un tavolo per consumare una cena frugale.

Gente di Malpaga, aperta alla vita, accogliente, ricca di umanità e di fede, laboriosa nella ferialità ma con tanta voglia di festa; fedele alla tradizione, ma disponibile ad accogliere il meglio della modernità.

Custode di un ricco patrimonio storico ed artistico, attende impaziente che ulteriormente valorizzato per poterne rivivere i fasti di un tempo.

Un futuro di collaborazione tra la proprietà del castello, le autorità e la sua gente, per il rilancio turistico del paese senza dimenticare la sua vocazione contadina, una memoria da conservare.

E’ questa la sfida che Malpaga deve vincere.

(testo a cura di Padre Santino Epis)